mercoledì 20 luglio 2011

Di come Giano divenne bifronte

Complici il maggiore impegno per lo studio, l’amore esploso per i libri e la piaga sociale* per eccellenza, ho smesso di muovermi furiosamente,  facendo di una monellaccia una personcina un po’ birbante ma dedita a lunghe pause riflessive. Il cibo, non più bruciato nelle corse a perdifiato, le arrampicate sugli alberi e le botte con gli amici, ha cominciato a sedersi pian piano sui fianchi.
La piaga sociale* per eccellenza di cui accennavo prima, fu la mia condanna. Avevo sempre vissuto tra i maschi, maschio io stessa nei modi e nell’aspetto: capelli portati cortissimi, canzoncine sconce a fior di labbra, sempre pronta ad una scazzottata in simpatia. Cose che i marmocchi di oggi se le sognano!
Quando hanno cominciato a spuntarmi le tette mi sono trovata sola di fronte ad un pesante bivio: da un lato il gruppetto di maschiacci non mi riconosceva più e tendeva a mettermi in disparte (nella post adolescenza questo fenomeno si sarebbe invertito a mio favore J ); dall’altro le femminucce non accettavano i miei modi da… beh, non avrei sfigurato in un dialogo impegnato con uno scaricatore di porto!
Di fronte al bivio non ho saputo scegliere. Ho preso la via di mezzo e, a tutt’oggi, mi è ancora difficile costruire rapporti durevoli d’amicizia. Sono troppo donna per gli uomini, e troppo uomo per le donne. In medio stat virtus…o forse no?
La non appartenza ad un gruppo, negli anni di passaggio tra il bambino e il prototipo dell’adulto in divenire, mi ha segnato profondamente.  Marchiata a fuoco,  mi alterno tra il desiderio degli Altri e la necessità del Io_sola: sono portata al compiacimento per legare a me le persone e a tenermele sempre accanto finchè, stufa, improvvisamente,  mi rinchiudo in una solitudine sprezzante. Sono una dicotomia vivente.
Non è facile vivermi.
Sono una persona particolare, 
nel bene e nel mare.
La storia inizia da qui.

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