venerdì 25 maggio 2012

La salsiccia sulla piastra che scotta


Essere ciccioni significa tante cose tra cui:
-         pregiudizi da parte di chi guarda
-         mancata accettazione di sé
-         propositi e spropositi che si rincorrono continuamente.
Ci sono giorni in cui i tre fattori suddetti si mescolano rovinosamente nel nostro cuoricino di ciccia dando sfogo a quello che io definisco “il dominio della panza sulla ragione”.
Prendiamo un giorno a caso in cui vi siete svegliati già con l’umore incline alla depressione. Mettiamo che incontrate qualcuno che vi delizia con qualche sguardo eloquente o vi apostrofa con un raffinatissimo “a buzzicona!!!!” e mettiamo pure che quel giorno anche voi vi insulteresti da soli…succederà sicuramente che vi incamminiate faticosamente lungo una sottile linea d’ombra conradiana, a metà tra la voglia di digiuno e la voglia di mettere a ferro e fuoco il frigo.
A me succede spesso. Troppo spesso, direi.
Nei momenti in cui vedo cacca ovunque manco fossi uno stercorario ad un banchetto, il mio flusso di pensiero può riassumersi così: “Adesso basta! Non mangio più, non posso andare avanti così! Per attenuare la fame berrò l’acqua a piccoli sorsi, mi nutrirò di erba, muschi e licheni come le capre montane! Mai vista una capra montana grassa, giusto? E poi devo fare tanto movimento. Devo comprarmi una tuta, sono l’unico essere al monto così abulico verso il movimento da non avere manco una tuta, tutti i giorni devo andare a correre. Magari un giorno sì e uno no che devo pure riposare. Però se corro qualcosa devo mangiare, potrei buttarmi sulle proteine che fanno dimagrire e tonificano. Voglio diventare come Swartznegger, devo essere senza un filo di grasso. Però troppe proteine da sole fanno male, magari un giorno sì e uno posso mangiare la pasta, potrei lasciarmi un giorno a settimana per mangiare qualche porcheria, certo adesso viene il periodo dei compleanni, al limite se mangio troppo la sera  il giorno mi trattengo un po’, anche se non posso mangiare troppo poco altrimenti sul lavoro mi mangio i colleghi. Certo, ora un bel ghiacciolino ci starebbe proprio bene, però se mi prendo un gelato alla frutta potrei sostituire il pranzo. Il pistacchio è un frutto? Mi sa di no, allora facciamo le creme, con panna e nutella, certo, grazie. Forse è meglio che comincio domani che oggi è andata così. Però da domani dieta, giuro!”

martedì 15 maggio 2012

Dagli amici mi guardi Iddio, che dai ciccioni mi guardo io


Non sono sparita. Il mio pc, che dio l’abbia in gloria, mi ha abbandonato una serata di questa primavera indecisa mentre, fiduciosa, mi apprestavo a metterci su le mie delicate zampette.
La visita col Dottor M è andata discretamente. Ho perso ben 3 kg di puro lardo di Colonnata, devoluti in beneficenza ad una fabbrica di mortadelle. Il Dottor M si aspettava un risultato migliore ma, signor iddio, caro dottore, qui c’è da festeggiare finché la bilancia scende, foss’anche per un solo misero etto e poco più! Chi non combatte con la bilancia non sa e non capisce cosa vuol dire perdere peso in tempi pressoché biblici e riprendere chili con tanto di interesse in spazi temporali così infinitesimali da essere quasi nulli. Per chi, come me, più che la sindrome dello yo-yo, ha un andamento ponderale simile all’oscillazione di un pendolo, il fatto che la bilancia scenda da qualche mese a questa parte è motivo di tripudio e festeggiamento.
Il commento del medico mi ha fatto venire in mente una cosa spiacevole che ultimamente noto con maggiore frequenza: il rifiuto degli obesi da parte degli ex obesi. Spesso, e con questo non voglio generalizzare, il ciccione che ce la fa prova un fastidio enorme in presenta di un obeso. Vuoi per il ricordo della sofferenza passata, vuoi per le prese in giro ricevute, vuoi per una mera legge del contrappasso, mi è capito troppo sovente che un novello pesoforma mi guardasse dall’alto in basso nemmeno fossi la merdina appena pestata di un chihuahua stititico.
Risale a qualche giorno fa il mio incontro con Divinotelma, una persona con cui ho condiviso un lungo percorso di cicce, delusioni, risate e scorpacciate. In un modo e nell’altro, ha trovato un suo percorso ed è riuscito a lasciare per strada una trentina di chili. Percorso che io non ho condiviso e che, così ho avvertito e sento tuttora, mi ha penalizzato nel rapporto con lui. E’ un po’ come se l’amicizia si fosse sciolta un chilo dopo l’altro…questo è tanto tangibile quanto i suoi sguardi sui miei lardelli, con l’occhio che pesa e misura i volumi…
Non c’è nulla che ferisce di più come l’occhio che scruta le cicce…
Soprattutto se l’occhio appartiene ad un amico, incide come un coltello sul burro 
(o sul lardo, per essere più precisi).
Un giorno ti raggiungerò anch’io. E senza compromessi.