domenica 24 febbraio 2013

(non) aprite quella porta!


Riccomi qui.
Chiedo scusa a chi mi ha cercato qui e su facebook ma negli ultimi giorni un tifone ha investito ogni comparto della mia vita.
Da mesi l’impresa per cui lavoro è in crisi. Da qualche giorno il capo ha deciso di chiudere.
Non starò qui a sottolineare in che condizione ho affrontato questi giorni, combattuta tra il mio malessere personale dovuto alla perdita del lavoro imminente e il malessere del mio titolare per il fallimento dell’impresa paterna. Ci sono stati giorni in cui ha pianto e l’ho sostenuto, giorni in cui ce l’ha avuta con me perché preso dalla sindrome del “tutti mi rubano”, giorni in cui ha urlato, si è disperato, battuto la testa al muro e imprecato. Io sono rimasta silenziosa al suo fianco mentre un tumulto di emozioni mi rivoltavano lo stomaco.
 Oggi ci sono io. Un lavoro che tra qualche mese non sarà più. Un mutuo che sarà ancora per qualche decennio.
Nel mezzo di questa bagarre, una cosa mi ha sorpreso. Ho tenuto botta con i miei propositi. Sì, lo so, sembra sciocco, nel bel mezzo della catastrofe, soffermarsi sulla dieta. Ma non è così. Chi è obeso dentro sa che non è così. Non c’è nulla che riempie bene un vuoto come il cibo. Il cibo e le voragini interiori si completano a vicenda. Quante volte ho desiderato di riempirmi di cibo fino ad esplodere? Tante. Ma ho resistito. Non voglio che il male esteriore affondi il mio male interiore. Voglio salvare il buono che finora ho fatto per me. Me lo devo.
Per il lavoro, per il mutuo, per il futuro, cosa accadrà?
Non lo so. Non voglio fare come al mio solito buttandomi in previsioni negative degne di un Nostradamus de noantri. Proviamo a sfangare un giorno per volta.
Chiudiamo questa porta, si aprirà qualche portone.